Eccoci al secondo appuntamento con Marguerite Yourcenar. Il nostro ineffabile Mau (al volgo: Maurizio Diego) ci racconta de Le memorie di Adriano, che abbimo portato nelle biblioteche e nei locali di Milano e provincia lo scorso autunno, con letture teatrali coordinate dai nostri splendidi Tobia Rossi e Adriana Dell’Arte.
La genesi di un’opera complessa come Memorie di Adriano risiede nel lungo, travagliato lavoro di ricerca e di stesura da parte della sua autrice. Marguerite Yourcenar, infatti, comincia la sua impresa letteraria con una fase di autentica ricerca storica, durante la quale la scrittrice annota ogni notizia, valuta le fonti e vaglia minuziosamente ogni circostanza sotto l’aspetto cronologico. Il risultato di tale ricerca sarà una straordinaria mole di appunti.
La scrittrice si sofferma sulle letture e l’educazione dell’imperatore; il suo obiettivo è principalmente di divenirne una degna e attendibile biografa. Tra le fonti consultate dall’autrice, fondamentali furono lo storico greco Dione Cassio e la Vita Hadriani del cronachista (forse mai esistito) Elio Spartiano, entrambi basati su testi preesistenti, ma andati perduti, ed entrambi rivelatisi variabilmente attendibili in seguito ad alcune ricerche moderne.
La prima versione delle Memorie, concepita tra il 1924 e il 1929, viene distrutta per essere parzialmente ripresa nel 1934 con nuove, meticolose indagini sulle fonti; il gravoso lavoro, però, viene abbandonato a più riprese sino al 1937, quando la Yourcenar torna a scriverne diversi, importanti. Nel 1939, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la Yourcenar ripara negli Stati Uniti, lasciando in Europa il manoscritto e gran parte degli appunti. Negli anni successivi la scrittrice smette di dedicarsi alla sua opera e sembra rinunciarvi, poiché, come ammetterà ella stessa, «Mi ci sono voluti molti anni per calcolare esattamente la distanza tra l’imperatore e me».
Nel 1948, però, mentre era intenta a liberare un baule di vecchie memorie e ormai inutili appunti, ritrova il manoscritto delle Memorie e con esso il desiderio di tornare ad affrontare l’impresa letteraria che si era andata delineando nei lunghi anni di ricerca. Raggiunta la stesura definitiva, l’opera viene pubblicata nel 1951, ottenendo da subito un grande successo tra i lettori e guadagnandosi il plauso del mondo critico letterario.
Caratteristica fondamentale e originale dell’opera è la narrazione interna da parte dello stesso Adriano che, vecchio e ormai pronto ad abbandonarsi alla morte imminente, scrive una lunga lettera all’amico e nipote adottivo Marco Aurelio. Una scelta che la Yourcenar ha spiegato con la volontà di fare a meno di qualsivoglia intermediario, compresa l’autrice stessa: «Adriano era in grado di parlare della sua vita in modo più fermo, più sottile di come avrei saputo farlo io». L’imperatore stesso, dunque, narra la propria esistenza in modo preciso e meticoloso.
Nel capitolo primo, Animula vagula blandula, Adriano parla all’amico del suo stato di salute, della sua morte imminente e propone di raccontare al fedele Marco Aurelio tutta la sua vita, lasciando così che siano i posteri a giudicarlo, come uomo e come imperatore, sulla base delle sue azioni. Nel capitolo secondo, Varius multiplex multiformis, dunque, Adriano racconta della propria giovinezza, trascorsa tra Roma e Atene, e della sua formazione greca, che tanto inciderà sul suo carattere. Guadagnatasi la fiducia e la stima dell’imperatore Traiano, Adriano ne diviene consigliere e viene poi nominato governatore della Siria.
Tellus stabilita, il terzo capitolo, raccoglie le opere e riforme militari e civili dei primi anni di impero di Adriano, nonché interessanti riflessioni sulla schiavitù (che egli non accetta) e la condizione della donna. Il quarto capitolo, Saeculum aureum, parla dell’amore corrisposto dell’imperatore per il bel giovane bitino Antinoo e del dolore provato in seguito alla morte di questi. Nel quinto capitolo, Disciplina Augusta, Adriano racconta l’ultimo periodo della sua vita: la codificazione del culto dell’amato e la violenta reazione alla rivolta ebraica. L’ultimo capitolo, Patentia, raccoglie le ultime riflessioni dell’imperatore che, consapevole di non poter attendersi altro dalla propria vita, attende con pazienza la morte.
Maurizio Diego