Giovedì 22 gennaio alla Casa dei Diritti di Milano, Via De Amicis 10, si terrà la presentazione del libro di Samuele Cafasso, “Figli dell’arcobaleno – madri lesbiche, padri gay, diritti negati in Italia”, Donzelli editore. Samuele sarà presente all’incontro che si terrà alle ore 18,00 e con lui potremo discutere di un vulnus legislativo che rende alcuni cittadini, alcuni figli e alcuni nuclei familiari formati da genitori dello stesso sesso soggettività escluse dai diritti e dalle pari opportunità, quindi prive di ogni dignità giuridica. “Per lo Stato – afferma Samuele nell’intervista fattagli in preparazione all’incontro – uno dei due papa’ o una delle due mamme in una famiglia arcobaleno semplicemente non esiste, e’ un estraneo”.
Una serie di racconti, testimonianze pubbliche e private, esperienze si avvicendano nel saggio di Samuele, dandoci una fotografia reale di queste famiglie: un lavoro di scrittura, quello intrapreso dall’autore, molto piacevole e che ha visto una grande risposta da parte delle persone interpellate, in quanto “sanno bene che raccontarsi e’ il modo migliore per sconfiggere i pregiudizi nei loro confronti“.
Iniziamo dal sottotitolo: madri lesbiche, padri gay, diritto negati in Italia. Quali sono i diritti di cui parli e di cui queste persone si sentono privi?
Sono tutti i diritti che si possono immaginare riguardanti le tutele necessarie a crescere figli all’interno di una coppia. Per lo Stato, uno dei due papa’ o una delle due mamme in una famiglia arcobaleno semplicemente non esiste, e’ un estraneo. Non puo’ andare a prendere il figlio a scuola senza una delega del genitore biologico, non puo’ andarlo a trovare in ospedale. Se muore il genitore biologico, la seconda mamma o il secondo papa’ possono trovarsi davanti a un giudice che decide di togliere loro i figli. O ancora: se la coppia si separa, il genitore biologico puo’ decidere di cancellare i figli dalla vita del partner. O, al contrario, il genitore non biologico puo’ andarsene via senza alcun obbligo nei confronti del partner e dei bambini. Sono solo alcuni esempi: ma pensate anche alla questione dell’eredita’, o al fatto che i fratelli nati dal seme o dalla pancia di due genitori diversi all’interno di una famiglia arcobaleno non sono nemmeno considerati fratelli.
Come è avvenuta la fase di scrittura del libro?
E’ stata una avventura bella ed emozionante: dopo aver contattato l’associazione Famiglie arcobaleno, diverse coppie mi hanno dato la loro disponibilita’ a incontrarmi. Ho iniziato a girare l’Italia raccogliendo storie, storie personali che pero’ erano anche storie che raccontavano qualcosa del dibattito pubblico italiano, della sua arretratezza. Nel dibattito pubblico le famiglie arcobaleno sono oltre le colonne d’Ercole, per cosi’ dire: sono considerate un mondo sconosciuto e di cui avere timore. Si dibatte molto sul tema “possiamo permettere a gay e lesbiche di avere figli”, “cosa succedera’ se…” ma i figli gay e lesbiche li hanno gia’. Sono partito da li’ allora: racconto i gay e le lesbiche italiane con figli e mostro che oltre le colonne d’Ercole non c’e’ il nulla. C’e’ un mondo che attende solo di essere riconosciuto. Ed e’ un mondo molto gioioso, di storie positive, di bimbi felici e genitori realizzati. Quando poi si e’ trattato di scrivere il libro, tutto mi e’ apparso molto semplice: ogni tema affrontato – la scuola, i diritti, la fecondazione artificiale, la politica – poteva essere raccontato attraverso una storia privata. Il libro, per cosi’ dire, si e’ scritto da se’.
L’idea del libro?
Forse ho gia’ un po’ risposto qui sopra. Il giornalismo italiano, per pigrizia, crisi di idee e di forze, fatica molto a confrontarsi con le realta’ del mondo. Si rifugia nell’opinionismo staccato dai fatti. Questo ha contribuito, ahime’, ad alimentare un dibattito pubblico sulle famiglie omogenitoriali in Italia che prescinde totalmente dal racconto dei gay e delle lesbiche che i figli li hanno gia’. Per questioni che sarebbe un po’ lungo e anche inutile spiegare, avevo l’occasione di ritagliarmi nell’anno che sta finendo un po’ di tempo per fare una cosa che mi piacesse. E, come giornalista, ho scelto un tema che mi interessava e mi toccava da vicino e l’ho affrontato come andrebbe affrontato ogni tema in maniera giornalistica: con curiosita’, andando a raccogliere dati, storie, viaggiando per l’Italia. Figli dell’arcobaleno e’ nato cosi’. Non e’ un saggio. E’ un’inchiesta giornalistica costruita con passo lungo, un’inchiesta che ha l’ambizione di durare piu’ di una settimana, che ha l’ambizione di andare oltre alla polemica immediata e raccontare un mondo che per molti e’ sconosciuto
Si avvicendano, così, storie, pubbliche e private, di persone che si trovano ogni giorno a dover essere considerate come cittadini inesistenti: cosa ha significato e come è avvenuta la fase di confronto con loro?
La fase di confronto e’ stata la cosa piu’ bella. Io di carattere sono timido e racconto poco volentieri le mie vicende personali. Ma le famiglie arcobaleno, invece, erano sorprendenti: rispondevano a tutte le mie domande, anche le piu’ intime, avevano un sorriso e un aneddoto per chiarirmi qualsiasi cosa. C’e’ un motivo di questa loro apertura: sanno bene che raccontarsi e’ il modo migliore per sconfiggere i pregiudizi nei loro confronti. Ne e’ venuto fuori – io credo – un libro che e’ anche molto intimo. Un libro “umano”, ha scritto Giuseppe Civati nella sua prefazione, una definizione che mi piace molto.
Quali sono gli ostacoli e le problematiche che una famiglia “arcobaleno” può incontrare, nell’assenza totale di una legislazione che riconosca questa come nucleo sociale?
Sono ostacoli pratici, come dicevo sopra, che diventano pero’ anche un fardello simbolico che alla lunga pesa sulla vita quotidiana. La settimana scorsa, presentando il libro a Torino, una mamma mi spiegava che la loro figlia, quando viene presa in giro a scuola, viene canzonata cosi’: “le tue mamme non possono sposarsi, le tue mamme non possono sposarsi”. Nella loro crudelta’ ma anche semplicita’, i bambini dicono una cosa molto chiara: non posso negare che la tua, con due mamme, sia una famiglia. Ma e’ una famiglia che lo Stato non riconosce. Una famiglia non riconosciuta e per questo in balia degli eventi. Un aneddoto: tutte le famiglie arcobaleno raccolgono in casa foto, biglietti aerei e quant’altro posso dimostrare e certificare il legame tra i bambini e il genitore non biologico. E’ una diga di carta costruita contro il rischio che un giudice tolga loro il figlio. Ma e’ vita questa?
Proponi anche delle prospettive future nel libro, ossia vari sono i ricorsi ai tribunali e alla giurisprudenza fatti e intrapresi e che hanno scritto sentenze interessanti a riguardo su cui basare una futura legislazione?
L’Italia e’ nel cuore dell’Europa e’ questo non e’ indifferente. L’Europa e’ una comunita’ anche di valori e ideali, al contrario di quanto dicono gli euroscettici. La pressione dell’Europa, in questo senso, portera’ l’Italia ad adeguarsi ai suoi vicini. Le sentenze che si sono susseguite nel corso degli anni riconoscono diritti ai genitori omosessuali italiani proprio sulla scorta di quanto succede nel resto d’Europa, oltre che su una lettura attenta della nostra Costituzione. Se non arrivera’ il Parlamento a riconoscere le famiglie arcobaleno, ci arriveranno i giudici. Ma, certo, sarebbe meglio che la politica facesse il suo mestiere. Come oggi non sta facendo.
Si parla anche di fecondazione assistita, percorso ancora ostacolato in Italia, per cui le coppie che vogliono intraprenderlo devono ricorrere all’estero: come hai sviluppato e quali sono stati i racconti più interessanti che si sono proposti in merito?
Il racconto a cui sono piu’ affezionato e’ quello di Danielle, una signora della California che ha portato in grembo i gemelli di Esteban e Michele, una coppia genovese. Danielle, che ha un marito e due figlie, ha scelto di essere la “surromama” di Davide e Gabriel. I giornali italiani la derubricherebbero al capitolo “utero in affitto”, ma Danielle e’ molto di piu’. E’ una zia speciale, e’ una donna fiera di quello che ha fatto e che, nel libro, racconta la sua esperienza con parole realmente toccanti.
Prossimi tuoi lavori a cui ti stai dedicando in merito, possiamo attenderci una seconda edizione aggiornata?
Per ora sono impegnato a presentare il libro, poi si vedra’. Nell’immediato vorrei che questo libro diventasse anacronistico nel piu’ breve tempo possibile. Vorrei che tra cinque anni un ragazzino lo prendesse in mano e leggendolo fosse stupito di quanto l’Italia fosse arretrata. Non sono pessimista: l’opinione pubblica italiana sta cambiando molto e forse anche la politica si svegliera’, forse veramente le cose cambieranno in fretta. Se sara’ cosi’, vorrei tra un po’ di anni ri-incontrare le famiglie che ho conosciuto e farmi raccontare un’altra volta la loro storia, questa volta pero’ con le parole dei figli nel frattempo diventati grandi. Sarebbe bello, no?
Il movimento Lgbt quanto ascolto e impegno ha dedicato nel sostenere la causa delle famiglie arcobaleno?
Per il movimento Lgbt le famiglie arcobaleno sono una nuova sfida. Per alcuni sono un passo verso un’omologazione che fa un po’ paura. Per altri sono la nuova frontiera del riconoscimento dei diritti. Credo che il movimento Lgbt pensera’ sempre piu’ al plurale: le istanze queer, quelle delle lesbiche e femministe, i gay che vogliono sposarsi, quelli che vogliono una famiglia, i diritti dei transgender…. E’ normale che sia cosi’. In tutte le citta’ dove sono stato c’e’ un buon rapporto tra Famiglie arcobaleno e le altre sigle del movimento. Certo, poi le opinioni sono differenziate e le priorita’ diverse. Credo che la chiave della convivenza sia questa: essere gay, lesbica, transgender non vuol dire scegliere uno stile di vita. Essere e fare movimento insieme vuol dire pero’ fare in modo che tutti possano scegliere lo stile di vita che preferiscono.
Intervista a cura di Alessandro Rizzo