Il Circolo Culturale TBGL Harvey Milk sarà in Università degli Studi di Milano in Aula 111, venerdi 24 aprile alle ore 14.30 con un incontro organizzato di natura accademica e in cui interverranno figure rilevanti delle discipline antropologiche a livello non solo nazionale: il professor Francesco Remotti, docente presso l’Università degli Studi di Torino e autore del libro “Contronatura, una lettera al Papa”, editori Laterza; e il professor Stefano Allovio, Università degli Studi di Milano.
“Relazioni tra dogmatismo e relativismo”, titolo dell’incontro, si aprirà su quel tema, necessario quanto indispensabile non solo per gli studi antropologici, ma per una visione universale dell’umanità e della società, che concerne l’affermazione, ormai abusata, di “contro natura”. Che cosa è contro natura? Francesco Remotti ha cercato di dare delle risposte, argomentate e attente, supportate da un’analisi storica e filosofica di grande valore, nel saggio “Contronatura, una lettera al Papa”, edito da Laterza.
Il pretesto della scrittura del testo giunge da una lettera che l’autore indirizza al pontefice, Benedetto XVI, papa al momento della scrittura del saggio, in cui vengono argomentate le motivazioni che hanno invitato Remotti a scrivere questa lunga epistola.
Il saggio parte con il porsi una questione, su cui apriremo il dibattito,
direttamente al pontefice spiegandogli i motivi di tale lettera, iniziando a esaminare diversi temi legati al concetto di “contronatura”, supportato da importanti pensatori e figure della storia della filosofia e antropologia moderna. Il saggio parte con Blaise Pascal, esaminando tra le teorie della celeberrima figura quelle riguardanti la fluidità della natura umana: l’impossibilita’ essenziale di determinarne una lettura certa e un’identità incontrovertibile e immutabile, essendo la stessa fondata sull’incertezza e, si può aggiungere, la mutevolezza. La visione offerta da Pascal si scontra e si contrappone con quelle promosse da figure quali Descartes e Benedetto XVI, le quali asseriscono l’immutabilità e la permanenza della natura umana. Interesse dell’antropologia, quindi, lo si deduce dalla prima parte delsaggio, consiste nello “studiare nelle culture umane non la certezza, ma […] i processi di certificazione, non la stabilità, ma i processi di stabilizzazione”.
È dovere e responsabilità dell’antropologo, secondo Remotti, studiare e considerare che cosa si identifichi come “contro natura”: che cosa implichi tale frase e come superare le questioni che tale espressione comporta. In questo margine si apre, quindi, quel confronto, sempre attuale e vivo, tra relativismo e dogmatismo nell’ambito del pensiero contemporaneo con radici in quello moderno.
Il saggio prosegue con l’illustrare tesi e teorie riguardanti la questione del concetto di “costume”, affrontandole con il supporto di Pascal e di Montaigne, quest’ultimo precedente al primo. Il costume, si coviene, è un concetto che non si definisce come astratto e imposto come dato aggiunto e separato dalla natura dell’uomo ma, bensi, come una parte integrante della conseguenza della natura umana: conseguenza logica e razionale e, pertanto, fuori da ogni visione dogmatica preordinata.
Il nostro costume e, di conseguenza, la nostra natura sono visti come frutti della ragione: in questo solco teorico e concettuale non si può lasciare margine alcuno a tutto ciò che pone il costume come qualcosa di migliore e, quindi, unica soluzione mecessaria nella definizione e nella condotta della natura umana.
Un altro tema, interessante per le nostre attività e i nostri ambiti di azione, risulta il concetto di “famiglia”: Remotti trova un pretesto letterario interessante che si fonda su una similitudine concettuale che vede tale termine comparabile a quello di corpo. Le trasformazioni del corpo, che si subisce dopo interventi chirurgici, sono tali da condurci a voler rendere lo stesso intervento meno visbile, cercando di apparire il modo più naturale possibile.
Si considera, spesso, il modello occidentale di famiglia come lo stadio più avanzato di forma organizzativa di tale istituzione: lo rileva Lewis Henry Morgan che prende in considerazione diverse tipologie di famiglia, pur rimanendo in tale cultura, ma aprendo a ipotesi diverse e a forme varie e nuove di famiglia. La famiglia nucleare sarà, infine, quella definita da un altro antropologo di eccezione, George Peter Murdock, il quale parlerà di questa istituzione come quella basilare formata da madre, prole, padre, ma passibile di unirsi e, quindi, modificarsi tramite l’incontro con altre famiglie nucleari, in quanto la famiglia secondo il pensatore risulta essere “formata da un rapporto orizzontale di natura coniugale, uno verticale di filiazione e un terzo orizzontale di fratellanza” (da wikipedia).
Testo a cura di Alessandro Rizzo