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Antonia Monopoli

Niccolò Tommaseo e la prostituzione

Cari Lettori e Care Lettrici vedo dalle visite che seguite con attenzione il TRANSIZIONARIO: questo mi fa un enorme piacere, ed è uno stimolo per continuare… Mi avvicino alla chiusura del lungo post sul termine “prostituzione” (importante vista l’attività di assistenza che il Milk ha deciso di intraprendere per i/le sex workers con le “ronde del té”) parlandovi delle origini del termine e dei suoi recenti trascorsi semantici.

La parola “prostituzione” deriva dal verbo latino prostituĕre (pro, “davanti”, e statuere, “porre”), e indica la situazione della persona (in genere schiava) che non “si” prostituisce, ma che, come una merce, viene “posta (in vendita) davanti” alla bottega del suo padrone. Questa origine richiama quindi la condizione storicamente più abituale della prostituta, la quale non esercita autonomamente la sua professione, ma vi è in qualche modo indotta da soggetti che ne sfruttano il lavoro traendone un proprio guadagno (i cosìddetti “protettori”).

Niccolò Tommaseo (nella foto) fissò una distinzione fra meretrice e prostituta: la prima guadagna del corpo suo (e qui l’illustre linguista richiama il termine latino mereo) mentre prostituta è legata a prostat, cioè è colei che per guadagno o per libidine, “si mette in mostra, e provoca a sozzure“. Tipico di Tommaseo è il legare gli esiti di una fine e rigorosa indagine filologica a personali giudizi di merito e morali i quali gli fanno aggiungere: “[La prostituta] è più comune, più venale. Taide meretrice, Messalina prostituta. Ogni abbracciamento venale è meretricio, prostituzione non è. Le meretrici di caro prezzo non sono prostitute; le prostitute da’ genitori o dai mariti, che nulla guadagnan per sè non meritano l’altro nome [meretrici]”.Leggi tutto »Niccolò Tommaseo e la prostituzione

Transizionario: Prostituzione 2

prost

Carissimi e carissime! Come vi avevo promesso nel post precedente sulla prostituzione, ecco la continuazione del mio articolo: la definizione della prostituzione.

La prostituzione può essere classificata in ampi gruppi, ognuno con le proprie specificità e modalità di esercizio, a seconda del genere o orientamento sessuale di chi offre il servizio o a seconda del servizio offerto. Si hanno dunque la prostituzione femminile, la prostituzione maschile e la prostituzione transessuale.Leggi tutto »Transizionario: Prostituzione 2

Transizionario: Prostituzione

PROSTITUTION-ARRETECare e cari lettori, in questo nuovo appuntamento con il transizionario vorrei iniziare a parlarvi della Prostituzione, che  nella storia e nella vita di una Transessuale, ieri come oggi, può essere una scelta forzata e presente.

Nel post precedente a questo ho accennato allo “stigma sociale verso le transessuali MtF (…) tale da rendere difficile l’inserimento lavorativo delle stesse. Se a questo si aggiunge che spesso le famiglie ripudiano il figlio diventata figlia transessuale e i costi della transizione, diventa evidente una spinta della stessa società affinché la transessuale si dedichi alla prostituzione per sopravvivere”.

Con il termine prostituzione si indica l’attività di chi offre prestazioni sessuali, dietro pagamento di un corrispettivo in denaro. L’attività, fornita da persone di qualsiasi orientamento sessuale, può avere carattere autonomo, professionale, abituale o saltuario. L’uso del termine non è univoco e a seconda del Paese, del periodo storico o del contesto socio-culturale può includere qualsiasi atto sessuale e qualsiasi tipo di compenso (anche non in denaro) o indicare, moralisticamente ed erroneamente, coloro che intrattengono atti sessuali fuori dal matrimonio, o uno stile di vita simile a coloro che offrono le prestazioni o chi intrattiene atti sessuali disapprovati. Può indicare anche un comportamento zelante più del dovuto nei confronti di un superiore, finalizzato all’ottenimento di gratifiche lavorative o economiche.Leggi tutto »Transizionario: Prostituzione

TRANSIZIONARIO: Transfobia e lavoro.

antoniaLe persone transessuali, in occidente, pur essendo considerate dal DSM come “malate”, subiscono sovente forti discriminazioni in ambito lavorativo e sociale, anche per l’inadeguatezza delle attuali leggi nazionali sul cosiddetto “cambiamento di sesso”, ma soprattutto per uno stigma sociale che prende il nome di transfobia.

La transfobia, apparentemente può sembrare un equivalente dell’omofobia. In realtà i due fenomeni hanno origini diverse, espressioni diverse, anche se condividono il destino della discriminazione. Un tentativo di distinguere i fenomeni transfobia e omofobia è stato fatto da Mirella Izzo, presidente dell’ex associazione Crisalide AzioneTrans. Lo stigma sociale della persona transessuale è in genere molto più elevato rispetto a quello riservato alle persone omosessuali. Inoltre è altrettanto più elevato per le trans da maschio a femmina rispetto ai transessuali da femmina a maschio. Le motivazioni che possono essere trovate per questo dato di fatto sono molteplici e controverse:

1) L’omosessualità è visibile solo all’interno delle tendenze sessuali ed affettive di una persona mentre la transessualità comporta una netta trasformazione del proprio corpo e pertanto provoca la necessità di una totale inversione di valutazione della persona;

2) La transessualità da maschio a femmina è più stigmatizzata di quella da femmina a maschio perché viviamo in una società prevalentemente maschilista nella quale rinunciare alla “virilità” costituisce una ferita più percepibile della rinuncia alla “femminilità”. In ogni caso lo stigma sociale verso le transessuali MtF è tale da rendere difficile l’inserimento lavorativo delle stesse. Se a questo si aggiunge che spesso le famiglie ripudiano il figlio transessuale e che i costi della transizione sono altissimi, diventa facile percepire una spinta della stessa società affinché la transessuale si dedichi alla prostituzione per sopravvivere.Leggi tutto »TRANSIZIONARIO: Transfobia e lavoro.

Crossdresser e crossdressing

TRANSIZIONARIO: “crossdressing”.

Cari amici del transizionario, oggi parleremo di crossdressing.

Il termine “crossdressing” denota l’atto o l’abitudine di indossare vestiti comunemente associati al sesso opposto al proprio mantenendo la propria identità genetica.
La persona crossdresser indossa abiti considerati del sesso opposto, pubblicamente e/o in privato, per molteplici motivi. Questa espressione non riguarda l’identità di genere o l’orientamento sessuale, e quindi non è sinonimo di transessuale o transgender e non dà nessuna indicazione sulle preferenze sessuali del crossdresser.

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