La crisi del grande schermo ha portato, in questi ultimi anni, alla chiusura di moltissime sale cinematografiche, a favore di Multisale che programmano solo “blockbusters” o film comunque destinati al grande pubblico.
La scomparsa dei piccoli cinema d’essai rende difficile far conoscere anche alla nuove generazioni i film che hanno fatto la storia del cinema, anche di quello omosessuale.
In questa rubrica vogliamo segnalare i film disponibili in DVD da vedere o rivedere, sia perché hanno fatto parte della nostra vita sia perché hanno contribuito a rendere l’omosessualità un argomento non più tabù.
SPLENDORI E MISERIE DI MADAME ROYALE (1970) di Vittorio Caprioli con Ugo Tognazzi, Jenny Tamburi, Maurice Ronet
Non si tratta di uno dei grandi capolavori della cinematografia italiana, ma è un film che ha segnato un’epoca alla sua uscita.
Erano gli inizi degli anni 70 e parlare di travestiti e festicciole con bei ragazzotti di borgata alla Pasolini non era né una consuetudine né un modo per sentirsi “alla page”.
Inoltre “Splendori e miserie di Madame Royale” dipingeva una Roma molto particolare, che al calare delle tenebre mostrava un volto completamente diverso rispetto alle perbeniste ipocrisie ostentate alla luce del sole.
Ispirato ad una delle tre case per omosessuali (o “invertiti”, come si veniva definiti ai tempi) aperte a Milano dopo il 1945 la cui più nota era gestita dallo scenografo Piovella, detto Madame Reale, il film ha una buona partenza ma, via via che la storia procede, non riesce a mantenere la tensione grottesca finendo, a tratti, per cadere in un patetismo sminuente.
Vittorio Caprioli, più famoso come attore che come regista, non riuscì nell’intento di incuriosire la massa con una delle prime storie “en travesti” italiane ed il film di produzione italo-francese fu un insuccesso sia di critica che di pubblico.
Di contro regalò a Ugo Tognazzi (a mio modesto parere il più grande attore italiano) il lasciapassare per diventare quel Renato che, otto anni dopo, lo avrebbe fatto applaudire da mezzo mondo nell’esilarante “La cage aux folles” a fianco di uno strepitoso Michel Serrault.
Alessio (Ugo Toganzzi) è un ex ballerino gay che ha due sole cose che gli regalano gioia nella sua vita povera di affetto e di grandi novità: una è Mimmina (Jenny Tamburi), una ragazza sbandata a cui fa da pseudo-padre, e le feste tra amici in cui si traveste e si fa chiamare Madame Royale.
Peccato che la ragazza sia buona a dare più problemi che gioie.
La volta in cui Mimmina viene arrestata dopo un tentativo di aborto, Alessio cerca di aiutarla accettando la proposta di un ambiguo commissario (Maurice Ronet).
Diventato collaboratore della polizia, Alessio aiuta la polizia a fare un po’ di piazza pulita nel mondo della droga e dei falsari d’arte.
Peccato che la sua collaborazione diventi ben presto di dominio pubblico, causando all’uomo l’abbandono da parte degli amici più cari.
Deciso a cambiare aria e a trovare una nuova vita, Alessio non riesce a sfuggire alla vendetta della malavita.
Il finale, malinconico e desolante, lascia negli occhi l’immagine di un Alessio “Madame Royale” a cui, anche nel momento estremo, viene negata quella dignità a cui ha diritto qualsiasi essere umano.
Sceneggiato da Bernardino Zapponi, co-autore del futuro “Profondo rosso”, il film può contare su una ambientazione molto particolare, sulle ottime musiche di Fiorenzo Carpi e sul magnifico (come sempre) Ugo nazionale, che ci regala un’interpretazione discontinua ma assolutamente perfetta nel finale, quando si accorge di avere di fronte a sé la mesta mietitrice.
Brava anche Jenny Tamburi, alla sua prima esperienza cinematografica. In seguito sarebbe diventata una stellina della commedia sexy all’italiana prima abbandonare le scene, diventare una delle più importanti “casting director” italiane e morire di tumore a soli 54 anni.
La pecca di “Splendori e miserie di Madame Royale” è il brusco cambio di rotta tra il primo e il secondo tempo, quando le risate ed il tono fintamente leggiadro dell’opera ad un tratto si smorzano lasciando al loro posto un fastidioso senso di squallore.
Ma era il cinema italiano anni 70 che amava dipingere gli omosessuali in un modo così esasperato, quasi che per loro fosse una “conditio sine qua non” dovere sempre indossare piume di struzzo e paillettes.
Ci sarebbe voluto il Massimo Campi di Jean-Louis Trintignant nell’ironico “La donna della domenica” per regalare, cinque anni dopo, tutta un’altra classe alla categoria.
Disponibile in DVD. Distribuzione 01.