La crisi del grande schermo ha portato, in questi ultimi anni, alla chiusura di moltissime sale cinematografiche, a favore di Multisale che programmano solo “blockbusters” o film comunque destinati al grande pubblico.
La scomparsa dei piccoli cinema d’essai rende difficile far conoscere anche alla nuove generazioni i film che hanno fatto la storia del cinema, anche di quello omosessuale.
In questa rubrica vogliamo segnalare i film disponibili in DVD da vedere o rivedere, sia perché hanno fatto parte della nostra vita sia perché hanno contribuito a rendere l’omosessualità un argomento non più tabù.
LA MOGLIE DEL SOLDATO (1992)
di Neil Jordan
con Stephen Rea, Jaye Davidson, Miranda Richardson, Forest Whitaker
“La moglie del soldato” è un film dalla doppia anima, proprio come duplice è la personalità di tutti i suoi protagonisti.
Quando uscì, verso la fine del 1992, questo film, che nella versione originale si chiamava “The crying game”, incassò solo negli Stati Uniti quasi 63 milioni di dollari e fu candidato a ben 6 premi Oscar (tra cui miglior film, miglior attore protagonista e miglior attore non protagonista), anche se vinse solo quello per la miglior sceneggiatura originale.
Eppure avrebbe meritato molto di più, se non altro per il coraggio dimostrato da regista e attori di addentrarsi all’interno dei sentimenti umani e di chiamarli con il loro vero nome.
Ma i tempi non erano ancora maturi. Il grande cinema di Hollywood non aveva ancora sdoganato certi argomenti e così questo piccolo grande film inglese perse contro un Clint Eastwood che con “Gli spietati” aveva scritto la parola fine sul genere western.
Però, un paio di anni, il regista Neil Jordan ritornò a parlare di rapporti ambigui dirigendo Tom Cruise e Brad Pitt in “Intervista col vampiro” mentre, nel 2005, raccontò un’altra storia “en travesti” col particolare “Breakfast on Pluto”, interpretato da un magistrale Cillian Murphy. Peccato che, in entrambi i casi, il miracolo compiuto con “il gioco del pianto” non si sia più ripetuto.
Come dicevo all’inizio, il film sembra essere composto da due storie diverse.
La prima è una storia di guerra, in cui il giovane soldato di colore Jody (Forest Whitaker) viene rapito da un gruppo dell’IRA all’interno del quale militano Fergus (Stephen Rea) e Jude (Miranda Richardson).
Durante le lunghe ore in cui Fergus deve vegliare il soldato, tra carceriere e prigioniero si instaura un rapporto di reciproca stima che va al di là delle diverse posizioni politiche, tanto che il soldato di colore fa promettere al suo carceriere di prendersi cura della sua fidanzata, Dil (Jaye Davidson), nel caso gli dovesse capitare qualcosa.
In seguito ad un incidente casuale, Fergus si troverà costretto a dover ottemperare alla promessa fatta.
E qui il film si trasforma in una “quasi” storia d’amore. Fergus rimarrà da subito affascinato da Dil, tanto da non rendersi nemmeno conto di come stanno realmente le cose: quando questo accadrà, sarà troppo tardi e l’uomo non riuscirà più a fare marcia indietro.
A complicare le cose, ritorna sulla scena Jude. Gli eventi precipitano e Fergus finirà col sacrificare se stesso per amore di Dil.
Come giustamente scriveva Sandor Marai nel suo “L’eredità di Eszter”, gli amori infelici sono quelli che non finiscono mai.
Così Fergus e Dil andranno avanti ad libitum ad amarsi a modo loro.
Cosa importa se ogni volta che “la moglie del soldato” lo chiamerà “amore”, l’uomo le risponderà di smetterla (un po’ tipo Piperita Patty dei Peanuts quando Marcie la chiama “Capo”)?
Un sentimento è qualcosa che vale molto di più di qualsiasi definizione che abbia l’assurda pretesa di volerlo ingabbiare.
Ambientazioni fredde e squallide da un lato, personaggi caldi e palpitanti dall’altro.
Impossibile sottrarsi al fascino di questa storia che ci lascia dentro la speranza che davvero “amor omnia vincit”.
Bravissimi tutti gli attori, tra i quali vorrei citare Jaye Davidson che, dopo questo film, interpretò solo “Stargate” per poi abbandonare il cinema e tornare a lavorare nel mondo della moda.
Nella colonna sonora appaiono due grandissime icone gay della musica leggera: Dusty Springfield (con “I only wanna be with you”) e Tammy Winette (con “Stand by your man”).
Ma sono i titoli di coda a regalarci un’autentica chicca.
Si tratta del remake di “The crying game”, il brano di Geoff Stephens del 1964 magistralmente rifatto da Boy George con la produzione dei Pet Shop Boys.
Da scaricare immediatamente (e legalmente!) nel caso non facesse ancora parte di una vostra playlist.
Disponibile in DVD. Distribuzione Cecchi Gori Home Video.