Uno spettro si aggira nel mondo LGBT: lo spettro del Queer. Tutti gli epigoni della vecchia guardia si sono coalizzati in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro: bigotti e beghine, teorici Gay, transessuali binari, giornalisti in cerca di mestiere, tifosi sportivi, sciure al mercato. È ormai tempo che la nuova generazione esponga apertamente in faccia a tutto il mondo il suo modo di vedere, i suoi fini, le sue tendenze, e che contrapponga alla favola dello spettro del Queer un manifesto basato sulla realtà della pluralità delle esistenze.
La conquista della generazione precedente è stata l’iclusione, quella dei suoi epigoni la cooptazione. Difatto buona parte del mondo gay e trans basa la propria definizione in negativo rispetto alla norma ma senza minimamente criticarla, anzi, facendosene gregario e portaborse.
Qualunque manifestazione di identità non conforme viene riportata nell’alveo del non risolto o addirittura della malattia mentale o della perversione sessuale, fino alla negazione dell’esistenza ( I bisessuali non esistono…peccato dover sfatare un mito gay e dire che in Memorie di Adriano il protagonista era bisessuale e ad affermarlo è la stessa Yourcenar in “Ad occhi aperti”) poiché tutto ciò che contraddice la teoria va eliminato. Si arriva, nell’apice del delirio, a dire che ciò che non è conforme è frutto di un’invenzione. Tutte queste argomentazioni sono quelle che le stesse vittime avevano subito e che ora, una volta incluse, ripropongono a chi non è “normale”.
“La società è sintesi che esprime una norma”. Ciò che è più avversata da questi epigoni è la pericolosa tendenza a mostrare una volontà di autodeterminazione perché potrebbe confondersi con la scelta di essere in un determinato modo e non una inevitabilità, una naturalità. La paura delle teorie riparative è ancora viva in loro.
Hanno paura della confusione, del dissolvimento delle norme che li lega, finalmente, alla società. Quelli che volevano essere dei rivoluzionari sono diventati avvocati e notai. Comprendere come dei mediocri protestatori confondano “l’indossare la gonnella” per protestare in piazza (giustamente ma in una sede in cui era scandaloso ma riconosciuto facente parte del gioco) con la rivoluzione del vivere ogni giorno contro le regole sociali fornisce la misura della piccolezza di queste menti. La mancanza di empatia e rispetto per le persone transgender e per alcune categorie come i crossdresser definiti come travestiti, come se non avessero una complessità che si traduca esternamente, sfiorano la crudeltà in nome di una lotta politica che non ha più contatto con la situazione reale. La circolazione di idee, lo sviluppo della tecnica, la continua discussione nella psicanalisi costantemente forniscono strumenti per conoscersi e definirsi. Definirsi è dare qualità alla propria vita. Chi scrive non ha ricevuto nessun tipo di amore perché non é stato compreso né aveva parole per farsi comprendere ma, avendole trovate, non accetta che nessuna società e tantomeno dei cattivi padri di una causa liquidino quella che è la più grande rivoluzione come un’invenzione, un capriccio, travestitismo o altro. Mentre queste persone si guardano l’ombelico soddisfatte la teoria queer fa il giro del mondo, in questi giorni la comunità sudamericana si stà interrogando sulla propria interpretazione di queer alla faccia di chi l’ha definita un’imposizione fascista statunitense e non ha visto il formarsi di generazioni consapevoli. Quello che non viene compreso è che la lotta è per l’autodeterminazione ed è inclusiva di qualunque essere umano e non riguarda solo il sesso o il genere ma la libertà di portare la propria unicità in una comunità che non fa differenze.Se queste persone non comprendono che le cose cambiano allora devono farsi da parte, devono rassegnarsi al fatto che, come padri di un movimento, stanno morendo e possono scegliere di farlo come i padri che amiamo, lasciando un’eredità di cambiamento, o come dei vecchi egoisti, criticando, deridendo e cercando di fermare la vita e venendo, metaforicamente, uccisi dai figli.
Ethan Bonali