La Signorina Giulia allo Spazio Tetrulliano di Milano fino l’8 novembre, regia di Giuseppe Scordio, testo dal dramma di August Steindberg, ha riscosso un ritorno di pubblico, grazie alla dinamica coinvolgente delle relazioni interpersonali tra i protagonisti e grazie, anche, all’intreccio, tragico e teso a ribaltare stili e ruoli di genere, considerati, erroneamente, come inalterabili. Questo ultimo passaggio viene vissuto e messo in scena magistralmente da Sonia Burgarello nella rappresentazione della protagonista principale, la signorina Giulia, Julie nel testo originale. Abbiamo intervistato Sonia parlando dell’opera e del suo rapporto con il personaggio interpetato sul palco.
Le assi che vengono buttate per terra da Jean diventano simbolo: quale è secondo te, invece, il significato, ne parlavamo già con Giuseppe Scordio?
Volevo riallacciarmi, appunto, all’intervista fatta a Giuseppe Scordio, aggiungendo che il loro cadere svela l’interno di una struttura chiusa, dove il contenitore viene mollato di colpo e la verità rimane inalterata, verità che viene affidata e confidata nella confessione di Giulia. Esiste un denudamento della signorina Giulia: non c’è più alcuna barriera e la sua figura sconfina nel non riuscire a non proteggere ciò che è stata e ciò che è. Jean, in tutto questo, dà rumore a quel crollo.
Il personaggio: la signorina Giulia, come lo leggi?
Signorina si trova a combattere fino alla fine, arroccandosi alle sue radici per tenere alti il volto proprio e la propria dignità, scontrandosi, però, con il suo sentire, il suo impeto non contenibile. Giulia perde, cosi, la lucidità e la possibilità di scegliere per se: un uomo, Jean, e una donna, Cristina, sono le persone verso le quali Giulia rimetterà la propria esistenza. È una notte particolare quella in cui si svolge il dramma: accade ciò che, nel quotidiano, non si è mai potuto amplificare all’interno della sua “condizione ferita”. Il padre è lontano, lei ha le mestruazioni, è scritto nel testo, e il contatto con l’eros diventa quasi simbiosi. Lei è sconvolta dai sentimenti che andrà a provare, vivendoli totalmente. La tragedia si compie perché Giulia procede fino in fondo a ogni propria emozione che risulta, invece, contenibile nella vita reale, giornaliera.
Come è avvenuto il lavoro di interpretazione di Signorina?
Mi lascio stupire da ciò che l’autore e il personaggio mi portano a raccontare: mi rendo disponibile all’idea di personaggio, alla modalità di intepretazione e alla sua essenza espresse. Mi avvicino a ciò che di Giulia è anche in me: una fiducia incondizionata. Lascio che le cose accadano, risultando importante il rapporto con gli altri attori: la modalità di lavoro interpretativo risulta sempre ignota fino a quando, nel crearla, non ci si affida al testo e al personaggio stesso.
La tua formazione?
Mi sono diplomata ai Filodrammatici di Milano nel 2011, ho ottenuto la borsa di studio Giuseppe Chiodi e ho lavorato con i colleghi della scuola in progetti teatrali su Milano e uno in Sicilia riguardante la mafia. Mi sono laureata in pittura a Brera, Milano, e ho sempre amato la mia vita condotta insieme alle immagini, spesso rimproverata di lasciarmi suggestionare dal vivere stesso. Ho avvertito, cosi, l’urgenza di staccarmi dalla tela, anche se l’accarezza che davo alla tela con la pittura risultava fondamentale: dovevo diventare, invece, io il pennello e il teatro risponde a questa esigenza avvertita. Lavoro molto con le performance attraverso la crudita’ del corpo, della voce e dell’intimo umano, un mondo interiore nascosto, ma che vuole venire fuori, essere ascoltato.
Parliamo dei prossimi lavori che ti vedranno impegnata …
Sarò al Teatro Litta, Milano, sala la Cavallerizza, con Beyond Vanja, regia di Francesco Leschiera, interpretando il personaggio di Sonja. Cercherò di dare un volto a quella parte di noi che soltanto un ruolo senza maschera può assicurare nella propria rappresentazione.
Parlavamo dei simboli presenti nel testo del dramma e proposti in scena: quali sono, secondo te, i più importanti, incisivi, anche nell’ottica del personaggio che interpreti?
Sicuramente e tout court, per me, risulta essere importante il simbolo dell’uccellino perché più vicino al significato di Giulia come personaggio. L’uccellino vola via, è il puer invisibile che qualcuno ammazza, significa libertà, dolcezza, evasione, innocenza e pulizia: qualità, sono queste, che Giulia non trova nel suo mondo, ma che sono presenti in lei, da sempre. Si percepisce, cosi, una fragilità del personaggio in quella notte in cui il vino e un uomo, che vuole distruggerla, defraudarla e vilipendere, si palesano e in cui Giulia cerca di attaccarsi a quel barlume di lucidità che vuole portare con se, ma che non c’è già più.
L’attualità del testo dove la riscontri?
Oggi come oggi il testo parla di violenza. Esiste un ribaltamento tra dominante e dominato, e questo ribaltamento si può vivere ovunque, ancora. C’è un’alternanza tra chi vuole raggiungere una meta ambita e chi si sottopone a una violenza fisica, psicologica. Questa dinamica risulta essere un aspetto universale e fa parte del genere umano. Esiste un ribaltamento tra ruoli di genere. Siamo capaci di annegare in noi stessi solo se ci inoculiamo nei meandri più oscuri, facendoci portare allo sfacelo totale. Là dove non si fa penetrare la coscienza, cade l’umanità in una lotta per la sopravvivenza, chiudendosi in se, dato che in quella situazione difficile sarebbe vedere aldilà del proprio naso.
Vorrei fissare l’attenzione su un altro elemento, importante, ossia la fede, che ritorna alla fine, ultimo appiglio per la donna sedotta. Ci si domanda se sia fede, se sia moralismo o, semplicemente, un dogma che si pone. Julie dice apertamente di essere ultima e che solo i primi saranno gli ultimi, frase che lascia quella speranza, una speranza finale di fede.