Parlare di omosessualità nella sua prima fase di accettazione con i genitori, gli amici, i compagni di scuola o, per chi ritarda questo importante momento, di lavoro risulta essere qualcosa di difficile e ancora ostico, anche nella società attuale, dipinta, a volte, in modo troppo esagerato e sbrigativo, più “aperta”. Gli stereotipi sono talmente radicati nelle coscienze della maggioranza da considerare l’omosessualità come un fenomeno da stigmatizzare, temere, emarginare, spesso diffidare, generalizzandone le caratteristiche. L’omosessualità per diversi genitori è una malattia da cui il figlio deve essere tenuto alla lontana, protetto e tutelato o, se il caso appare, guarito, magari attraverso le famigerate terapie riparative che potrebbero ricondurlo alla “normalità”. La normalità è essere omosessuali, se tali si è: non si nasce, né si diventa, ma è solamente un aspetto fondamentale della personalità di un soggetto, imprescindibile. L’importante è non chiedersi l’origine dell’omosessualità, ma accoglierla, accettarla e rendere l’esistenza di chi omosessuale è, vivibile. “Mamma, papà: devo dirvi una cosa” è il nuovo libro edito da Sonda, remake della precedente omologa edizione, “Figli diversi”, scritto a quattro mani da Giovanni e Paola Dall’Orto: un vademecum di certo, una guida puntuale e attenta, che ripercorre le esperienze di un figlio e di una madre che hanno passato quel fatidico momento della rivelazione, il coming out di un ragazzo fatto ai propri genitori, in particolare la madre. Il passaggio, ci confessa Paola, non è stato indolore ma, bensì, tormentato: “non avevo modelli – considera la fondatrice di Agedo – non sapevo cosa fare e inoltre, come madre cattolica, ero piena di pregiudizi”.
I pregiudizi non permettevano a una madre di accogliere il proprio figlio nella sua caratteristica naturale e fondamentale: l’omosessualità. L’assenza di riferimenti in questa situazione crea di certo smarrimento e senso di solitudine tali da portare il genitore a considerare non esserci altre persone che possano vivere la propria stessa situazione, o che l’abbiano vissuta in precedenza. Questo stato di cose impedisce un confronto attivo e proficuo a dare esempi, scambiandosi considerazioni e, magari, consigli importanti per superarlo con chiarezza, fermezza e determinazione; e, soprattutto, con serenità. Ancora oggi, secondo Paola, la situazione del coming out in famiglia registra la stessa dinamica: tanti sono i ragazzi che vengono addirittura espulsi dal proprio nucleo familiare. Gli episodi narrano di difficili scontri che si hanno tra figli e genitori al momento dell’uscita dall’armadio del ragazzo: tanto i figli chiedono di essere considerati e accolti, quanto gli stessi genitori hanno bisogno di essere aiutati a capire e concepire la natura del proprio ragazzo come naturale variante del proprio essere. In Italia la condizione in cui vive un ragazzo omosessuale risulta ancora essere difficile: non esistono i diritti fondamentali e, come dice Paola, “questa è una violenza”. Serenità e rispetto si leggono tra le righe del testo, che possiamo definirlo anche dotato di una forte dose di narrazione, che nella sua seconda riproposizione trova la collaborazione di un giovanissimo autore, blogger attivista gay, Alex Grisafi: un’integrazione sostanziale da parte del contributo di un ragazzo che ha vissuto il momento del coming out in famiglia in tempi più recenti, offrendo al testo un confronto tra una madre, un figlio e una persona appartenente alla nuovissima generazione. Tre fasce diverse di età si confrontano, così, sul tema fondamentale dell’accettazione della propria natura e personalità: passaggio da fare quanto prima dato che più si aspetta, maggiori potrebbero essere le difficoltà a cui si va incontro. Il titolo conduce a immagini passate anche nella cinematografia contemporanea: classica quella di una tavola bandita dove, nel silenzio dell’attesa delle pietanze, prima che il padre o la madre addentino il boccone, il figlio annuncia la fatidica frase “sono gay”, appellandosi all’attenzione dei genitori. Di sicuro la maggioranza dei casi non vede questa situazione come reale: i passaggi per giungere a quella fatidica frase sono differenti, calibrati in modo diverso in base alla persona con cui ci si trova difronte. Il tutto viene, magari, prima meditato, riflettuto, o anche architettato, affinchè si possano trovare le vie giuste per rendere meno doloroso e difficile la rivelazione. Tante volte accade che i genitori abbiano già prefigurato l’ipotesi e attendessero che tale momento arrivasse, in diversi casi nella speranza che ritardasse o, semplicemente, non avvenisse mai.
Nonostante si avesse già immaginato il momento, il genitore si trova quasi sempre impreparato. La doppia guida scritta da Giovanni e Paola, con l’intervento in prima persona di Alex, aiuta a trovare alcuni suggerimenti per non aggravare e appesantire una situazione che è già, per alcuni versi, traumatica per chi la affronta. L’opera offre spunti di riflessione e di discussione sull’essere omosessuale e sulla personalità di un ragazzo gay, che richiede di essere trattato in modo uguale agli altri e con le stesse opportunità. La dignità deve essere tutelata per chi esprime liberamente la propria affettività, senza negarsi: ed è da questo presupposto che occorre procedere per garantire un passaggio il più naturale possibile. Alex parla della sua testimonianza in prima persona trovando i giusti modi e canali di comunicarla ai propri coetanei che si trovano nella stessa condizione: l’adesione al Gruppo Giovani dell’Arcigay di Brescia, il primo fidanzamento, gli amori, le esperienze, le reazioni e il confronto avutisi con i propri genitori. Ci domandiamo, in attesa di avere gli autori presenti a Milano, venerdì 22 febbraio alle ore 19, presso la sede del Guado, ospiti della presentazione del libro organizzata dal nostro circolo, Milk, se sarà necessaria in futuro una terza edizione del libro, sperando che la risposta porti effettivamente a non considerarla tale: solo in quel caso potremmo dire che quei pregiudizi, dovuti a stereotipi e alla persistenza di un atteggiamento di stigmatizzazione dell’omosessualità, vista come anomalia e non come natura di cui non occorre vergognarsi, saranno stati abbattuti definitivamente, permettendo a qualsiasi ragazzo di vivere il proprio orientamento alla luce del sole, senza nascondersi e fuggire. Una divertente pubblicità dell’ILGA, l’organizzazione internazionale che accoglie le associazioni lgbt, vedeva in uno spot un futuro in cui a dover fare “coming out” sarà un ragazzo eterosessuale davanti ai due genitori, una coppia omosessuale: la notizia viene accolta seppure con un certo dispiacere da parte dei due papà. Non sappiamo se in Italia si giungerà nei prossimi anni a considerare questa scena come normale prassi, ma è chiaro che se si agisce culturalmente qualcosa potrà cambiare. L’appuntamento sarà, così, occasione per tutti, giovani, adolescenti, genitori, ma anche uomini e donne per parlare di un tema che risulta essere centrale nella crescita di una persona.