Dopo il caso della maestra sospesa per una lezione “hard” la psicologa Maxwell avverte: “Meglio essere i primi a parlarne”.
“Mamma, tu lo sai che cos’è una spogliarellista? E una prostituta?”. Ben Maxwell aveva appena 7 anni. Quando fece quella domanda, era imbrigliato dalla cintura di sicurezza sul sedile posteriore della macchina, di ritorno da scuola. “Faticai a tenere saldo il volante – ricorda la madre Sharon – . Dove diavolo aveva sentito parlare di spogliarelliste e prostitute?”. A Novara una maestra è appena stata ammonita dal preside perché durante la lezione di scienze ha risposto in modo esplicito a quesiti che assomigliavano molto a quelli del piccolo Ben. I genitori della scuola elementare non hanno gradito e la maestra è stata temporaneamente sospesa.
Negli Usa, invece, Sharon Maxwell è ormai diventata una star, specializzata in lezioni di sesso per bambini. Dopo aver tentato di rispondere alle domande piccanti del figlio, questa psicologa americana ha infatti deciso di trasformare l’istintivo imbarazzo in una sfida professionale. Dieci anni fa ha iniziato organizzando centinaia di corsi e incontri di educazione sessuale nelle scuole. Il successo è stato tale che ha pubblicato un manuale diventato bestseller, “The Talk”, in cui invita i genitori ad affrontare il tema del sesso già alle elementari e spiega come superare il disagio. Nostro, non loro. “Dobbiamo essere i primi a farlo” ammonisce la psicologa nel suo libro, “È ora di parlarne”, in uscita per Feltrinelli. “Oppure – avverte – lo farà qualcun altro al posto nostro”.
L’invito della psicologa americana nasce da una semplice constatazione. “Bisogna aprire gli occhi sul fatto che il mondo intero parla di sesso ai nostri figli”. Suo figlio Ben aveva scoperto la parola “prostituta”, ma l’originale era ancora più triviale, imparata passando il pomeriggio a casa di un amico a divertirsi con un videogioco. Nel libro, Maxwell nota come – a dispetto della liberazione dei costumi – discutere di sesso in famiglia è ancora assai complicato.
“Prima se ne parla, meglio è”. Anna Sampaolo, coordinatrice dei corsi dell’Aied (associazione per l’educazione demografica), condivide la tesi della Maxwell. L’episodio di Novara non deve quindi stupire. “Dalla mia esperienza – racconta Sampaolo – posso dire che le domande dei bambini di quinta elementare sono precise. Vogliono sapere cos’è un omosessuale, cos’è una prostituta. Utilizzano spesso un linguaggio molto crudo”. L’Aied è stata costretta a cominciare sempre più presto le sue lezioni. “Trent’anni fa ci occupavamo solo dei licei – ricorda la psicologa – . Poi siamo passati alle medie, e oggi andiamo anche nelle quinte elementari”. Tutto su base volontaria, visto che l’educazione sessuale non è prevista da nessuna legge. “Ci affidiamo a quei pochi illuminati dirigenti scolastici che ci chiamano”.
La difficoltà ad affrontare il sesso in famiglia non è prettamente italiana. Secondo un sondaggio europeo, la principale fonte di informazione sessuale per i ragazzi sono i media (stampa, tv e Internet) e gli amici. “I bambini ne parlano tra di loro in un modo differente. La parola dell’adulto è dunque fondamentale”. I corsi dell’Aied sono di “affetto e sesso”, cercano di estendere il discorso a emozioni e sentimenti. Per chi se la sente, consiglia l’Aied, è giusto intavolare un discorso su come nascono i bambini, o almeno provarci. “Se c’è vergogna da parte dei genitori, meglio esplicitarla piuttosto che mantenere un non-detto”. E comunque, rispondere sempre. “Per non perdere un’occasione di integrare e correggere l’educazione sessuale che i bambini si fanno altrove”. È quel che ha potuto verificare Sharon Maxwell. “Ben, so cosa sono una spogliarellista e una prostituta. E tu lo sai?”. “Sì. La spogliarellista è una che si sfila il reggiseno, la prostituta è una che si toglie tutto”.
fonte: ANAIS GINORI, Repubblica.it