“Il problema che devono affrontare gli omosessuali è che si propongono di conquistare l’amore di un “vero” uomo. Se ci riescono falliscono. Un uomo che va con altri uomini non è quello che definirebbero un vero uomo”. L’affermazione potrebbe apparire disarmante ma nella sua paradossalità è assolutamente un invito a una riflessione sulle identità di genere e sull’orientamento. Di chi è questa frase? Di uno scrittore, caratterista, umorista, conversatore come la tradizione fondata da Oscar Wilde può insegnare, attore e, infine, uno dei pionieri del travestismo o, come si suole dire oggi, crossdresser.: Quentin Crisp. Dire che Crisp è un pioniere è quasi come sconfessare la sua natura e la sua caratteristica che non ha mai voluto trovarsi a non fare i conti con la sua vera identità. Lui ha sempre amato portare avanti la professione di essere semplicemente sé stesso, non ha mai voluto scegliere cosa essere, come apparire, che cosa rappresentare, se non la sua prorompente ed eclettica individualità. Lo scrittore affermerà, così: “Be’, non penso realmente a me stesso come ad un pioniere. Non ho scelto il mio modo d’essere. Se avessi cercato di nascondermi, la gente avrebbe detto: “Quello lì, chiedo scusa, quella lì, chi pensa d’essere?”. Il che non è molto carino. Così mi sono limitato ad essere me stesso. Davvero, ho soltanto fatto quello che ero nato per fare“. Per lui il mondo era niente altro che “una vasta casa d’appuntamenti il cui sistema d’archiviazione è andato perduto”, ognuno nella sua naturalezza e nella propria semplicità.
A Quentin, registrato all’anagrafe come Denis Pratt, piaceva provocare, senza artifici retorici o costruzioni elaborate ellittiche, ma con la spontaneità della sua caratteristica di essere un uomo dall’alta autoironia. Era uno scrittore elegante, molto raffinato, amante delle buone maniere, queer nel senso britannico del termine, ossia “strano” come stravagante, persona che nella vita, così come nelle sue opere, amava viversi completamente. Non voleva essere preso come riferimento dalla comunità gay, tanto che criticava e denunciava del movimento la massificazione e l’omologazione di alcune parole d’ordine che, al suo tempo, nel vivere la sessualità magari come esclusivo piacere edonistico e carnale, non avevano senso. In alcune interviste definirà l’AIDS come malattia a cui si dava un’ossessionante attenzione, così come lo poteva essere l’omosessualità stessa, che per lui era solo una componente diretta ed evidente del suo modo di essere. Nonostante queste parole lapidarie, Quentin veniva periodicamente consultato dai media e dalla comunità apostrofato con le parole di uno dei più eminenti leader del movimento inglese “omosessuale della vecchia scuola”, Peter Tatchell, come una “checca stereotipata” con una certa dose di orgoglio e coraggio “nell’ostentare la sua effeminatezza”; proprio perchè ai suoi tempi, soprattutto in Gran Bretagna, l’omosessualità espressa pubblicamente era ancora previsione di reato, rischiando anche diverse conseguenze gravi sulla propria persona.
Questo era un aspetto che affascina e affascinava gli attivisti della comunità lgbt: d’altronde come non può attrarre una figura che esercitava come professione quella dell’”impiegato pubblico nudo”, ossia colui che posava per gli studenti delle accademie di belle arti, tanto da intitolare la sua autobiografia “The naked civil servant”, pubblicata nel 1968, dove affronta con ironia e con scherno la sua attività in cui timbrava il cartellino prima di spogliarsi e dopo essersi denudato. L’opera ebbe grande risonanza nel mondo dei media tanto che venne celebrata in un film televisivo nel 1972. Nel 1980 si troverà personalmente negli Stati Uniti sull’onda dei successi cinematografici, che lo vedranno più tardi nel 1993 recitare en travestì come una novella regina Elisabetta I nella pellicola Orlando, interpretazione magistrale e molto emozionante, e, in seguito, nella parodia di un consueto discorso di Natale regale per Channel 4, giocando sul doppio significato inglese del termine queen di regina e checca.
Affascinato dalla cultura sociale di quel paese, decide di rimanerci fino alla fine della sua esistenza, avvenuta nel 1999. Lo scrittore inglese appare anche in alcune scene de La sposa promessa, un remake de La sposa di Frankestein, così come nel party in Philadelphia. Continua il mito di Quentin Crisp sugli schermi televisivi tanto da diventare nel 1996 uno dei protagonisti del documentario sull’omosessualità e le figure gaie di Hollywood: The Celluloid Closet si intitola, pubblicato lo stesso anno in cui esce l’ultimo libro autobiografico quasi in forma diario, Resident Alien, dove Crisp quasi preannuncia la convinzione di una sua vicina morte, dato il patto che avrebbe sottoscritto con la sua amica attrice Penny Arcade in cui si profetizzava che avrebbe vissuto “fino a 100 anni, con 10 anni di sconto per buoan condotta”. “La vita era una cosa divertente che mi capitò sulla strada della tomba” avrebbe occasione di dire in modo caustico quasi palesando come il divertimento e la gioia di viverla appieno erano sempre vivi in Quentin. Un alieno legale, un uomo inglese a New York, è il ritornello della canzone che nel 1987 Sting dedica alla figura di Quentin, il cui videoclip riprende la figura fascinosa ed eterea del grande scrittore in diverse situazioni quotidiane cittadine, quasi distaccato e contemplativo dello scorrere caotico delle ore metropolitane: dalla passeggiata lungo i viali alberati e nevosi della fredda megalopoli americana fino ad arrivare nella calda atmosfera di un locale e giungendo nella sua stanza personale, dove scrisse e visse per la seconda e ultima parte della sua lunga e artisticamente prolifica esistenza.
Diverse scene riprendono i semafori e le alte abitazioni di New York, in quella Manhattan tanto amata da Quentin, tanto da volere alla sua morte, come poi avvenne, che le sue ceneri venissero con cerimonia non eclatante sparse su quella porzione viva ed effervescente, elegante quanto glamour, a volte altezzosa, a volte ricercata, della grande mela. Quentin muore a Manchester mentre è in Inghilterra per un tour di presentazione del suo ultimo show in terra patria. Crisp scrive altre opere, tra cui ricordiamo Come avere uno stile di vita, nel 1975, e Come diventare vergine, nel 1981. Le costruzioni sintattiche e l’impianto strutturale complesso e allegorico portano negli scritti di Quentin a individuare una forte dose di abilità letteraria che va a scandagliare, quasi sconvolgendoli in un clima di paradosso e di contraddizioni, attraverso l’ironia e la sagacia di chi solo può avere la capacità nel saper rappresentare ellissi comiche dense di cinismo e procedenti per assurdo.
La vita dell’essere umano comune viene così ridicolizzata anche attraverso un lungo utilizzo di dialoghi che partono da presupposti inverosimili per, poi, giungere a essere significanti delle contraddizioni dell’animo umano. Quentin era molto effeminato, amava travestirsi, lui stesso confesserà che ogni giorno ci metteva quasi due ore per truccarsi e che avrebbe voluto poter cambiare sesso solamente per poter dedicarsi integralmente a un’attività di sartoria, presentandosi, così, nel lato genuino e sincero della sua poliedrica personalità: voleva apparire ma senza finzioni e senza esagerazioni plateali, non provocando ma semplicemente disarmando quell’opinione comune che vorrebbe importi alienanti maschere in un gioco di frustrazione esistenziale.
La sua celebrità letteraria prorompe sullo scenario angloamericano, in Italia verrà celebrato come scrittore più tardi e scoperto quasi postumo.
Una delle sue affermazioni spiegano con chiarezza la sua dimensione umana e il suo profondo temperamento tanto da asserire che “lo scopo dell’esistenza è conciliare la luminosa opinione che abbiamo di noi stessi con le cose orribili che gli altri pensano di noi”.
Come diventò un celebre scrittore non solo a tematica, sarebbe riduttivo per una produzione che fa dell’ironia la sua anima ispiratrice, di riferimento? “Esistono tre motivi per diventare scrittore: – spiega Quentin – il primo è che vi servono i soldi; il secondo, che avete qualcosa da dire che il mondo dovrebbe sapere; il terzo, e che proprio non sapete cosa fare nelle lunghe sere d’estate”. In attesa che le sue ceneri venissero lanciate sull’amata Manhattan Crisp affermerà che “la vita era una cosa divertente che mi capitò sulla strada della tomba”, quasi un inno alla bellezza di vivere nonostante la caducità dell’esistenza per cui è opportuno viverne ogni momento.